Incinta per quasi 50 anni – Il feto è una mummia

Una delle prime cose che si imparano nel corso di studi in Medicina è che termini come “impossibile” andrebbero eliminati dal proprio vocabolario.

Ci sono cose che i più definirebbero impossibili se non addirittura sovrannaturali, che tuttavia accadono ed hanno inoltre una logica spiegazione scientifica.
E’ il caso di Zahra Aboutalib, la donna marocchina che a 75 anni diede alla luce un figlio concepito 46 anni prima.
Negli anni ’50 Zahra rimase incinta per la prima (ed unica) volta nella sua vita e si preparò con gioia ad affrontare una gravidanza che tuttavia si rivelò purtroppo particolarmente difficile e dolorosa.
Al momento del parto si recò in ospedale, ma lì fu testimone della tragica morte di una donna durante il travaglio.
Sconvolta da ciò che aveva visto e nonostante i fortissimi dolori, Zahra decise risolutamente di tornare a casa nel proprio villaggio.
Dopo due giorni di indicibili sofferenze le doglie cessarono.
La donna però non aveva partorito il suo bambino.
Con la propria mentalità semplice, ingenua e digiuna di qualsiasi competenza scientifica, in accordo tra l’altro con leggende che circolavano nella zona, Zahra si convinse che il suo bambino si fosse semplicemente addormentato nel suo grembo.
Cercò di dimenticare l’accaduto e adottò tre bambini, continuando la propria vita semplice in compagnia dei propri figli adottivi e dei nipotini che in seguito arrivarono.

Dopo 46 anni tuttavia il suo “bambino addormentato” diede nuovamente segno di sé: l’anziana donna sentì all’improvviso fortissimi dolori e fu portata a Rabat e ricoverata in un ospedale, luogo per lei pieno di paure e dal quale era fuggita mezzo secolo prima.
La prima ipotesi dei medici che si trovarono di fronte a questa anziana donna dall’addome prominente e scossa da dolori lancinanti fu una neoplasia ovarica: tuttavia le immagini ecografiche apparivano confuse, di difficile interpretazione.
Fu effettuata allora una TAC che lasciò letteralmente di stucco il radiologo: nel ventre di quella donna c’era un feto completamente calcificato.

E’ chiamato lithopedion (dal greco, “bambino di pietra”) e in tutto il mondo ne sono stati documentati meno di 300 casi.
E’ una rarissima condizione che deriva da una gravidanza ectopica misconosciuta.
Le gravidanze extrauterine hanno una frequenza di 1 su 150: la sede più frequente (oltre il 90% dei casi) è la tuba, seguita dall’ovaio, il corno uterino e la cavità addominale.
Tuttavia in genere gli esiti sono due: o la gravidanza, silente, si interrompe da sola in epoche precocissime e l’embrione viene completamente riassorbito, o (più frequentemente) essa dà segno di sé con forti dolori ed emorragia fino allo shock, mettendo a repentaglio la vita della madre (emergenza per cui si opta per l’interruzione chirurgica).
Eccezionalmente però, in assenza di una diagnosi, se la gravidanza prosegue e oltrepassa addirittura le 14 settimane, il feto diviene troppo grande perché possa essere riassorbito dopo la sua morte, per cui si sviluppa una reazione di calcificazione che evita i fenomeni di disfacimento post-mortem, la colonizzazione ad opera di microrganismi e l’aggressione da parte del sistema immunitario materno.
Zahra aveva portato avanti una gravidanza in sede addominale e tenuto nel proprio grembo un feto calcificato di oltre tre kg per 46 anni.

L’intervento per separare il feto dal corpo materno fu molto difficile a causa delle aderenze che si erano sviluppate tra la placenta ectopica, i piani superficiali e vari organi interni; tuttavia dopo oltre 4 ore Zahra uscì dalla sala operatoria, si risvegliò e, ponendo fine a tanti anni di angoscia, dubbi e sofferenza, pianse una volta per tutte la perdita di quello che cinicamente è stato definito da qualcuno un fossile, da altri una mummia, uno scherzo della natura, ma che per lei era sempre stato semplicemente il suo bambino addormentato.

Fonte:

http://urlo.sismpa.it

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